Ingredienti (per una porzione)
1 peperone rosso
1 peperone giallo
2 cucchiai di aceto balsamico
1 cucchiaino di olio extravergine di oliva
1 cucchiaino di capperi dissalati
2 cucchiaini di pangrattato
Salvia
Timo
Sale
Pepe
PREPARAZIONE
Tagliate i peperoni a listarelle e rosolateli 5 minuti in una pentola antiaderente con poco olio, aggiungete l’aceto, il sale, il pepe e cuocete finchè l’aceto non sarà evaporato; unite i capperi e le erbe aromatiche e spolverizzate con il pangrattato terminando la cottura.
Ricetta elaborata dallo Studio di Cure Naturali
Professor Luca Mario PITROLO GENTILE
Medico Dietologo e Nutrizionista
Tel. 0294964925
Tel. 0294602864
Whatsapp e Mobile 3331682902
I trigliceridi sono rappresentati da grassi presenti nel sangue che derivano in parte dal cibo e in parte dal tessuto adiposo, ove svolgono funzione di riserva energetica. Quando raggiungono concentrazioni elevate nel sangue circolante (ipertrigliceridemia) rappresentano un importante fattore di rischio per malattie del cuore, del fegato e del pancreas. Salvo forme familiari determinate su base genetica e peraltro rare, l’aumento dei trigliceridi nel sangue è normalmente legato all’introduzione di calorie in eccesso, particolarmente se associate all’introduzione di forti quantità di zuccheri semplici e all’assunzione di alcool, tutti nutrienti che vengono convertiti dall’organismo in trigliceridi. Tuttavia, gioca un ruolo importante anche la qualità dei grassi introdotti con l’alimentazione, dal momento che i grassi saturi aumentano i valori di trigliceridi mentre i grassi monoinsaturi e polinsaturi hanno l’effetto opposto.
L’ipertrigliceridemia può anche associarsi ad aumento dei valori di pressione arteriosa, a elevazione dei valori di glicemia a digiuno (intolleranza glucidica oppure diabete di tipo 2), a steatosi epatica (fegato grasso) o ad aumento dei valori del colesterolo LDL (o “cattivo”). L’insieme di queste condizioni, che aumenta ulteriormente il rischio di andare incontro nel corso della vita a malattie cardiovascolari, è più frequente in chi ha un accumulo di adipe a livello addominale, ossia a chi ha un “girovita” più abbondante. Per tale motivo l’ipertrigliceridemia rappresenta un marcatore della sindrome metabolica, condizione caratterizzata dalla presenza contemporanea di diversi squilibri metabolici, ciascuno dei quali è già da solo un indice di rischio cardiovascolare.
Anche altre situazioni possono associarsi ad ipertrigliceridemia come l’ipotiroidismo, malattie renali croniche, epatopatie e l’assunzione di alcuni farmaci. In presenza di ipertrigliceridemia è sempre bene rivolgersi al proprio medico curante per effettuare eventuali ulteriori accertamenti.
I cardini della terapia nutrizionale sono rappresentati dalla normalizzazione del peso corporeo e della circonferenza addominale, da un’alimentazione con un basso apporto di zuccheri semplici e grassi saturi e dall’eliminazione dell’alcool. Nelle forme più responsive l’approccio nutrizionale può rappresentare l’unica terapia. Dal punto di vista dietetico e nutrizionale occorre scegliere cibi ad elevato contenuto di fibre e basso tenore in zuccheri semplici, cibi con un basso contenuto di grassi saturi e privilegiare quelli con maggiore tenore di grassi monoinsaturi e polinsaturi.
È altresì raccomandato di cucinare senza grassi aggiunti e di preferire metodi di cottura come il vapore, il microonde, la griglia, la piastra o la pentola a pressione, piuttosto che la frittura, la cottura in padella o i bolliti di carne.
Su indicazione del Medico o con il suo assenso, è possibile assumere integratori naturali disponibili in commercio per favorire la riduzione dei trigliceridi (effetto ipotrigliceridemizzante).
Nel seguire le indicazioni del Medico si deve però tenere conto che, per ottenere una corretta ed equilibrata alimentazione che fornisca all’organismo tutti i nutrienti di cui necessita, occorre assumere la giusta quantità (porzione) dell’alimento e rispettare le frequenze con le quali alcuni alimenti debbono essere consumati, giornalmente o settimanalmente, all’interno di uno schema alimentare personalizzato. L’alimentazione della giornata deve rispettare il bilancio energetico di ciascuno e l’energia introdotta deve essere uguale a quella spesa per non aumentare il rischio di sovrappeso, obesità ma anche di malnutrizione.
Gli alimenti vietati in caso di aumento dei trigliceridi sono: liquori, grappe, cocktail con alcool alcolici in genere, compresi vino e birra, bevande zuccherine come cola, acqua tonica, tè freddo, ma anche succhi di frutta, perché contengono naturalmente zuccheri semplici anche se riportano la dicitura “senza zuccheri aggiunti”, cibi da fast-food, zucchero bianco e zucchero di canna per dolcificare le bevande, marmellata e miele, dolci quali torte, pasticcini, biscotti, frollini, gelatine, budini, caramelle, frutta sciroppata, candita, mostarda di frutta, grassi animali, quali burro, lardo, strutto, panna, frattaglie, quali fegato, cervello, reni, rognone, cuore, insaccati ad elevato tenore in grassi saturi, salame, salsiccia, mortadella, ecc., oltre alle parti grasse delle carni, latte intero o condensato, yogurt intero, formaggi ad elevato tenore in grassi saturi e colesterolo e, infine, maionese e altre salse elaborate.
Studio di cure naturali
Professor Luca Mario PITROLO GENTILE
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L’ipertensione arteriosa è una patologia caratterizzata da un aumento della pressione sanguigna con valori di massima superiori o uguali ai 140 mmHg (135 se automisurata al domicilio) e di minima superiori o uguali ai 90 mmHg (85 se automisurata al domicilio). Ovviamente nei bambini, nelle donne gravide, nei diabetici e in patologie specifiche, per definire se la pressione arteriosa si possa considerare normale o viceversa, vengono presi, come punti di riferimento, valori più bassi. L’innalzamento della pressione arteriosa, oltre i valori considerati normali, non si accompagna sempre alla comparsa di sintomi poiché, se l’aumento della pressione avviene in modo graduale, l’organismo si abitua progressivamente a valori sempre un po’ più alti e non invia alcun segnale. Tuttavia, anche nei casi in cui l’organismo invii segnali, i sintomi sono generalmente aspecifici e rappresentati solo da mal di testa, specie al mattino, stordimento e vertigini, ronzii nelle orecchie (chiamati acufeni), alterazioni della vista (presenza di puntini luminosi davanti agli occhi), perdite di sangue dal naso (epistassi). La diagnosi va posta il più precocemente possibile in quanto l’ipertensione è uno dei fattori di rischio d’insorgenza della malattia cardiovascolare aterosclerotica (per esempio: l’ictus, l’infarto del miocardio, lo scompenso cardiaco e le malattie arteriose periferiche) e di insufficienza renale. In una percentuale molto bassa (5%) l’ipertensione rappresenta la conseguenza di malattie, congenite o acquisite, che interessano i reni, i surreni, i vasi, il cuore, e per questo viene definita ipertensione secondaria, ma nella restante percentuale (95%) rappresenta una patologia causata da più fattori non sempre facilmente individuabili. Tra le diverse condizioni che predispongono all’insorgenza di ipertensione arteriosa vanno ricordate la familiarità, l’età, alcune patologie come il diabete e soprattutto stili di vita non corretti che portano ad aumentare di peso. Fra ipertensione e obesità è possibile rintracciare collegamenti ben precisi: il tessuto adiposo non funge solo da deposito energetico delle calorie in eccesso, ma si comporta come un vero e proprio organo endocrino (ormonale) con funzione secretiva. Le relazioni fra tessuto adiposo viscerale, alterazioni endocrine e patogenesi dell’ipertensione arteriosa sono numerose e complesse: per indagarle occorre fare ricorso alla bioimpedenziometria mentre per trattarle bisogna sempre partire dalla dieta. Ma ben pochi pazienti accettano di seguire una dieta per controllare la pressione arteriosa. Le ragioni? Semplice! Molti pazienti rifiutano di seguire diete specifiche in quanto pensano che sia sufficiente assumere il farmaco antipertensivo per dominare l’ipertensione. Altri ancora pensano che per dominare l’ipertensione con la dieta sia necessario perdere molti chili e sottoporsi a sacrifici immensi. Tutto questo è profondamente falso. Un corretto stile alimentare e di vita può essere di grande aiuto nel mantenere nei limiti di norma i valori della pressione arteriosa. Nelle forme più lievi o più responsive può rappresentare l’unica terapia e, inoltre, un’alimentazione adeguata è di grande aiuto anche in associazione alla terapia farmacologia, in quanto aumenta l’efficacia dei farmaci antipertensivi permettendo di ridurne la posologia e il numero (in caso della associazione di più farmaci). Per seguire una corretta alimentazione occorre ridurre i grassi soprattutto di origine animale, le bevande ed alimenti ricchi di zuccheri e aumentare l’assunzione di adeguate porzioni di frutta e verdura. Occorre anche ridurre l’uso del sale e il consumo di alimenti ricchi in sodio mentre occorre aumentare l’apporto di alimenti ricchi in potassio e calcio, che riducono i valori di pressione. Bisogna prediligere il consumo di cibi con un basso contenuto di grassi saturi e colesterolo, scegliere cibi ad elevato contenuto di amido e fibre e basso tenore in zuccheri semplici, cucinare senza grassi aggiunti e preferire metodi di cottura semplici come: vapore, microonde, griglia o piastra, pentola a pressione, piuttosto che la frittura, la cottura in padella o i bolliti di carne. Per controllare la pressione arteriosa con la dieta non è necessario digiunare ma, soltanto, mangiare meglio. Valgono più le scelte qualitative di quelle quantitative.
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