Se nel corso dell’anno c’è un periodo tanto atteso quanto temuto, questo è il periodo delle festività Natalizie. Chi lo attende sa che col suo arrivo vedrà comparire sulle tavole ogni sorta di leccornia, chi lo teme sa che col suo arrivo dovrà fare i conti col peso corporeo.
Del resto come biasimare chi si abbandonerà a qualche tentazione? La nonna non diceva sempre: “Lo spirito è forte, ma la carne è debole!” Aumentano le occasioni per socializzare e, fatalmente, quelle per sedersi a tavola a mangiare, sia in ambito lavorativo, che in ambito amicale e familiare. In queste circostanze non è sempre facile resistere alle tentazioni, ma occorre derogare con giudizio. Molte pietanze e dolci natalizi hanno un elevato apporto calorico, derivato soprattutto da zuccheri e grassi. Stiamo parlando di prodotti come pandoro e panettone che arrivano nei supermercati già dalla fine ottobre. Può quindi capitare di acquistare e mangiare un panettone o un torrone settimane prima della Vigilia di Natale o dell’Epifania, continuando a consumarli fino a fine gennaio: questo può incidere parecchio sul nostro peso. Godiamoci le feste, ma cerchiamo di mangiare i dolci di questo periodo solo nei pochi giorni deputati, non per due interi mesi e mai nel quotidiano.
I dolci del periodo natalizio sono tanti e nel nostro paese variano da regione a regione. Analizzarli tutti richiederebbe un libro, ma fortunatamente, dal punto di vista degli ingredienti e del valore calorico, si assomigliano molto. Vediamo quindi in dettaglio alcuni dei dolci di Natale più diffusi e analizziamo la loro tabella nutrizionale per assumerli consapevolmente.
PANETTONE: 100 grammi di panettone classico contengono mediamente 56.2 g di carboidrati, di cui 30.3 g di amidi e 22.9 g di zucchero, 10.7 g di grassi e 6.4 g di proteine, per un apporto calorico di 337 calorie (kcal) per etto. Attenzione però alle quantità, perché un panettone da 1 kg viene solitamente diviso in 6 fette, quindi circa 166 g l’una, e, in questo caso, le calorie diventano circa 510 kcal per fetta.
PANDORO: 100 grammi di pandoro contengono mediamente 49 g di carboidrati, di cui 22 g di zucchero, 20 g di lipidi (di cui 13 g di grassi saturi), 8.2 g di proteine, per un apporto calorico di 390 kcal per etto. Anche in questo caso, una fetta media può essere di 150 g e apporta circa 585 kcal.
TORRONE: 100 grammi di torrone alla mandorla contengono mediamente 52 g di zucchero, 26.8 g di grassi e 10,8 g di proteine, per un apporto calorico di 479 kcal. Tra una chiacchiera e un’altra, 100 g di torrone si mangiano in 5 minuti.
PASTA DI MANDORLE: 100 grammi di pasta di mandorle contengono mediamente 54.6 g di zucchero, 23.4 g di grassi e 9.9 g di proteine, per un apporto calorico di 455 kcal. Una fragola o arancio di pasta di mandorle può pesare circa un etto.
CIOCCOLATO AL LATTE: 100 grammi di cioccolato al latte contengono mediamente 50.5 g di zucchero, 36.3 g di grassi (10 mg di colesterolo) e 7.3 g di proteine, per un apporto calorico di 552 kcal. In media, una tavoletta da 100 g è fatta di 20 quadratini di cioccolata, pertanto, anche solo mangiandone due, introdurremo 55 kcal.
PANPEPATO: 100 grammi di panpepato contengono mediamente 47.8 g di carboidrati, di cui 30.8 g di zuccheri, 26.2 g di lipidi (di cui 2.9 g di grassi saturi) e 9.3 g di proteine, per un apporto calorico di 585 kcal. Un piccolo pezzo di panpepato pesa circa 30 g e può apportare 195 kcal.
PANFORTE: 100 grammi di panforte contengono mediamente 59 g di carboidrati, di cui 28.7 g di zuccheri, 14.2 g di lipidi (di cui 1.0 g di grassi saturi) e 5.13 g di proteine, per un apporto calorico di 392 kcal. Un piccolo pezzo di panforte pesa circa 30 g, pari a circa 130 kcal.
CARAMELLE: 100 gr di caramelle apportano mediamente 91.6 g di zuccheri, 0 g di lipidi e 0 g di proteine, per un apporto calorico medio di 344 kcal. Le caramelle non sono tutte uguali ma, generalmente, possiamo dire che pesano 5 g cadauna e apportano circa 18 kcal.
MARRON GLACE’: 100 grammi di marron glacé contengono mediamente 76 g di carboidrati, di cui 58 g di zuccheri, 0.5 g di grassi e 5.13 g di proteine, per un apporto calorico di 325 kcal. Un marrone intriso di sciroppo di zucchero e glassato pesa circa 20 g e apporta 65 kcal, mangiarne 3 o 4 è un attimo.
Studio di Cure Naturali
Professor Luca Mario PITROLO GENTILE
Medico Dietologo e Nutrizionista
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Le ricerche attuali stanno mettendo in relazione il fatto che una dieta ricca di grassi possa alterare il microbioma (insieme di microrganismi presenti nell’intestino), interferire con la sua funzione di barriera protettiva e provocare infiammazioni nei tessuti. Esistono evidenze, infatti, a sostegno dell’ipotesi che diete sbilanciate, come quelle ad alto contenuto di grassi, possano alterare la comunicazione tra intestino e cervello e modificare i circuiti cerebrali, inducendo infiammazione generalizzata, alterando la sensazione di sazietà e contribuendo in tal modo, oltre allo sviluppo dell’obesità, anche al peggioramento del dolore. Inoltre, potrebbe esistere una correlazione anche tra obesità, microbioma intestinale e funzioni cognitive dato che le ricerche suggeriscono che gli squilibri del microbioma possano alterare i segnali che dall’intestino raggiungono il cervello, inserendosi e interferendo nella comunicazione dell’asse intestino-cervello. Dall’analisi dei dati provenienti dalla letteratura scientifica si è visto che alcune diete, come quella mediterranea, oltre a combattere efficacemente l’obesità, sembrano funzionare bene anche sul miglioramento del dolore. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi che analizzino gli effetti di diverse strategie nutrizionali, non solo isolatamente ma in combinazione con altre terapie a breve e lungo termine.
Fino a pochi decenni fa i microrganismi, come batteri, funghi e virus, venivano considerati unicamente in un’ottica negativa, che li associava principalmente all’insorgenza di patologie infettive. Oggi, fortunatamente, si è fatto strada nell’opinione comune il concetto che i microbi, specie quelli che popolano il nostro intestino, possano avere un ruolo nella salute dell’intero organismo. La popolazione di microrganismi che abita il nostro intestino è detta microbiota intestinale e un numero sempre maggiore di studi conferma che l’alimentazione è in grado di modificarne profondamente la composizione, influendo di conseguenza sullo stato di salute. La dieta mediterranea, caratterizzata da un discreto quantitativo di fibra e composti bioattivi, è tra i modelli dietetici che più favorisce la salute del microbiota intestinale. I soggetti che adottano un modello di dieta mediterranea sembrano avere una maggiore produzione di acidi grassi a corta catena ed un maggior grado di diversità tra le popolazioni microbiche, rispetto a coloro che adottano una dieta più di tipo occidentale (“western-diet”). Per questo, la composizione del microbiota di chi segue una dieta mediterranea sembra essere più favorevole alla prevenzione di patologie cardio-metaboliche e alcune tipologie di cancro.